Sassari grigia e piovosa diviene una sineddoche della realtà suburbana italiana. “Il mio mondo è quello della provincia” commenta Bonifacio Angius, il regista trentaduenne sassarese, parlando di “Perfidia”, unico lungometraggio italiano in concorso al festival di Locarno.
Un’atmosfera a tratti cupa, angosciante e surreale contestualizza un dramma, quello del rapporto difficile, tra il padre Peppino ed il figlio di 35 anni Angelino dopo un pesante lutto di famiglia. Quest’ultimo è l’assoluto protagonista della narrazione, che riflette, seppur eccedendo, la condizione esistenziale di molti suoi coetanei. Angelino non ha un lavoro, non ha obbiettivi né speranze, non sa neanche cosa gli piace. C’è un muro tra lui e la piovosa realtà sassarese. Il ragazzo passa la maggior parte delle sue giornate in uno squallido bar con due personaggi alienati come lui ad invidiare l’auto e la vita mediocre dell’antipatico Domenico, che si vanta di aver viaggiato nel continente.
"Perfidia" Bonifacio Angius |
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Peppino cerca di scuoterlo accompagnando il figlio con la sua Mercedes a fallimentari colloqui di lavoro. Il padre rappresenta il frutto di un’epoca diversa: un uomo arrivista, sessista, amante della pesca e della religione. Un uomo che non ama la vita ma che si fonde con essa: “ La vita è un imbroglio e tu per vivere bene devi stare in questo imbroglio.” E’ un uomo attivo, in contrasto con la generazione postmoderna paralizzata. Eppure anche se la sua vita è riuscita, è un uomo immerso nella solitudine. I due personaggi non si comprendono, non riescono a stabilire un dialogo: Angelino si sente oppresso dalle decisioni del genitore, Peppino inizia a vedere il figlio solo nel momento in cui perde la moglie e si trova al fianco di un estraneo di cui non riesce neanche a ricordare l’età anagrafica.
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Angelino ascolta i suggerimenti del padre infastidito, ma allo stesso tempo cerca di replicarne il contenuto, sognando di “conformarsi” alla società. Infatuato di una bella studentessa di vent’anni, sogna di sposarla, fare figli, condividere con lei l’unica cosa che crede possa piacerle: giocare a uno stupido tirassegno. Ma anche questi sono tentativi inutili, destinati al fallimento.
Interessante il ruolo della religione, onnipresente con le litanie di Radio Maria, che sovrasta questo piccolo mondo suburbano grigio, dividendo i personaggi in buoni e cattivi: “ Se sarai buono, Gesù ti manderà una ragazza con gli occhi belli….con quella ragazza ti sposerai, e nascerà una piccola famiglia.” Angelo che sente di aver fallito nel ruolo del buono, decide di aderire all’unica possibilità rimastagli: aderire al ruolo del cattivo, del mostro.
Unico neo di Angius è quello di non riuscire ad utilizzare un linguaggio asciutto e minimale con la macchina da presa. La messa in scena in alcune sequenze del film risulta eccessivamente virtuosa. Grandiosa invece la sceneggiatura.
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